ECOLOGIA
E NATURA
I
tartufi sono i frutti, ossia più esattamente i corpi fruttiferi
o carpofori, di una pianta inferiore appartenente ai funghi Ascomiceti,
ossia dotati di aschi (cellule al cui interno maturano le spore). Nell'ambito
degli Ascomiceti, le Tuberales si caratterizzano per il carpoforo (o ascoma)
a sviluppo ipogeo (sotterraneo); i Tuher in particolare, per la gleba (polpa
interna) marmorizzata da vene bicolori, costituite dalla trama e dalle
cavità (comunicanti con l'esterno) fertili, d ve si sviluppano gli
aschi e le spore destinate alla riproduzione La pellicola esterna più
o meno spessa e talvolta decorata verruche, si chiama peridio. I tartufi
vegetano e crescono sotto la superficie del terreno a profondità
variabile. Essi prediligono terreni con componente calcare né troppo
sciolti né troppo compatti, abbastanza soleggiati, aerati e posti
in zone a clima temperato: è dimostrata anche la preferenza per
terreni di determinate ere geologiche; in relazione a tutto questo sono
tartuficole per eccellenza particolari zone dell'Italia, della Francia
e della Spagna. In generale si può dire dei tartufi che hanno. forma
di un tubero, globosa e spesso irregolare, con dimensioni variabili che
possono essere simili a quelle di una piccola noce ma possono arrivare
anche a quelle di una grossa patata con peso oscillante da un minimo di
3-4 g a 2 o 300 g ed anche, eccezionalmente, a grammature assai superiori
eccedenti persino il chilogrammo.
Una suddivisione grossolana dei tartufi si può fare, distinguendoli
a seconda dell'aspetto del loro peridio, in bianchi con superficie chiara
e liscia e neri con superficie scura e verrucosa. Rientrano nel primo gruppo
il Tuber magnatum e il Tulberaltidam; nel secondo gruppo il Tuber melanosporum,
il Tuljer Irumale, il Tuber aestirum, ecc. Assolutamente privi di clorofilla
come tutti i funghi, anche i tartufi debbono trarre da altri organismi
le sostanze organiche necessarie al loro sviluppo che non possono elaborare
essi stessi. Essi costituiscono con ospiti viventi una simbiosi o comunità
biologica, nel senso che tanto il simbionte quanto l'ospite traggono vantaggio
dalla loro unione. Questo fenomeno è detto micorrizia (simbiosi
micorrizica): il micelio (apparato vegetativo o pianta inferiore) da cui
nascono i tartufi, forma con le radichette della pianta ospite delle minuscole
masse, le micorrize, attraverso le quali si svolgono i complessi scambi
alimentari Naturalmente il micelio fruttifica quando sono favorevoli le
condizioni di stagione e di clima. Occorre ora precisare che la produzione
dei tartufi è vincolata, oltre che al clima e alla stagione, alla
natura del terreno, all'esposizione e alle specie (legnose o erbacee) con
le quali i tuberi sono simbionti. Ecco perché certe specie vivono
e si raccolgono in certe regioni e non in altre; ecco perché determinate
caratteristiche ambientali determinano la presenza o la possibilità
della creazione di zone tartufigene.
Dell'habitat diremo altro descrivendo le varie specie: più precisamente
le nove specie delle quali è consentita in Italia la commercializzazione,
tutte appartenenti al genere Tuber, tutte commestibili e tutte presenti
nella provincia di Cuneo. Delle possibilità di coltura si dice altrove:
ma per completare un accenno all'ecologia dei tartufi e alla loro natura,
evidenziamo qui come l'ottenere funghi micorrizici per coltivazione sia
un'impresa assai complessa. In pratica, occorre coltivare contemporaneamente
il fungo e il suo ospite, riuscendo nello stesso tempo a formare il legame
fra loro (coltura indiretta). Non sono attendibili né le chiacchiere
né i manualetti nei quali da tempo si sostiene siano stati ottenuti
tartufi coltivati per semina (coltura diretta). Già oggi si raccolgono
tartufi neri provenienti da impianti boschivi specializzati, fatti con
piantine micorrizate in laboratorio; già si cominciano a vedere
d'altronde risultati sperimentali della micorrizazione con tartufo bianco.
Ciò non significa che in futuro il tartufo sarà un prodotto
dell'orto, come hanno scritto alcuni cronisti male informati ma che la
produzione nelle zone vocate (e solo in quelle) potrà essere più
razionalizzata, forse più abbondante, sempre che si perfezionino
certe esperienze relative ai tipi di terreno e di ambiente, alla sterilizzazione
dei terreni e delle piantine d'allevamento da agenti patogeni e da funghi
simbionti concorrenti e sempre che si avverino anche certe condizioni sociali
quali per esempio la regolamentazione razionale della raccolta. Nulla insomma
si perderebbe, con la coltivazione, del fascino del tartufo che sarà
sempre e comunque legato all'opera naturale e imprevedibile delle stagioni
come, specialmente per la varietà bianca, al fiuto del cane. A parte
le specie che noi descriviamo e le Terfezie di cui abbiamo già detto,
esistono delle varietà di tartufi non commestibili alcuni dei quali
addirittura nocivi o leggermente velenosi quali il tartufo rapone o dei
maiali (Choiromyces meandriformis Vitt.) e il tartufo rosso (Balsamia valgaris
Vitt.) che sono però difficilmente confondibili con i tartufi buoni
e non sono commerciabili per legge; fra l'altro il tartufo rosso come le
altre specie (Tuber excavatum, nitidam, rufum, ecc.) sono immangiabili
o per l'odore nauseante o per la consistenza della polpa. Dal punto di
vista della sua composizione chimica e quindi delle sue virtù nutrizionali,
il tartufo può definirsi un alimento prevalentemente proteico, scarso
di grassi e abbastanza ricco di sostanze minerali come potassio, sodio,
calcio, magnesio e ferro. Peraltro, esso viene usato più come condimento
in piccole dosi che come alimento e assume così un valore più
stimolatorio che direttamente nutrizionale.
Quanto alle fantasiose attribuzioni di virtù afrodisiache, non
più attendibili di tutte le altre collegate a certi alimenti pregiati,
esse non sono che la conferma d'un apprezzamento dovuto al fascino e alle
straordinarie virtù organolettiche dei tartufi pregiati, oppure
una constatazione empirica che potrebbe derivare, come già sosteneva
Brillat-Savarin, dalla raffinata soddisfazione palatale che predispone
al brio e al piacere.
I tartufi vanno di preferenza consumati freschi e quanto più
possibile appena raccolti.