I
FUNGHI PORCINI
Con questo termine vengono definiti in italiano quattro specie di boleti
che hanno in comune tre importanti caratteri (presenti tutti e tre contemporaneamente):
il classico e ben noto profumo, un rilievo a forma di reticolo sul gambo,
diffuso talvolta solo
sulla parte alta, talaltra sull'intera superficie, ed infine la polpa bianca
che non muta di colore né all'aria né al tocco. È
innegabile che si tratta del gruppo di funghi più diffusi ed apprezzati
sul mercato italiano; del resto, aldilà di un giudizio qualitativo
che li può porre in una posizione più o meno alta in un'ipotetica
scala di valore delle varie specie fungine (dire che il porcino è
meglio o peggio del gallinaccio o dell'ovolo o della trombetta da morto,
per fare qualche esempio, è come dire che la carota è meglio
della zucchina, tanto sono diversi i sapori e gli aromi proposti dalla
vasta gamma di funghi offerti dalla natura), i porcini hanno indubbi pregi
di tipo commerciale: la mancanza di scarto, almeno negli esemplari sani,
quindi la resa elevata, la bella presenza, soprattutto il colore della
polpa invitante, la comoda «pulibilita», avendo forma più
o meno globosa e priva di fragili anfratti (come le lamelle di altre specie),
la forte carica aromatica, la bella presenza anche allo stato secco. Inoltre
va considerata la loro ampia diffusione, sia geografica, sia di varietà
di ambienti, sia quantitativa.
Sia il nome nazionale sia alcuni di quelli dialettali hanno profonde
radici storiche: infatti l'uso gastromico dei porcini si perde nella notte
dei tempi e, di certo, si sa che i Romani li consumavano e li chiamavano
Suillus (corrispondente appunto di porcino), mentre Boletus era, in epoca
classica, l'Amanita caesarea, ovvero il fungo per eccellenza. Da qui il
termine generico di «bulé» che in Piemonte significa
più o meno fungo, e che del resto si ritrova, col medesimo significato
e con le diverse inflessioni linguistiche, in molti altri dialetti mediterranei.
Pur, come abbiamo visto, conosciuto da tempi antichi, il porcino non
ha vissuto, nella storia gastronomica, gli stessi fasti dell'ovolo, fungo
dei cesari, né di prugnoli e spugnole per fare qualche esempio,
mentre ai giorni nostri è grande protagonista solo in Italia (e
se torniamo indietro di pochi decenni, solo in Italia del Nord e in parte
del Centro), preferito all'estero dai vari cantarelli, dalle spugnole,
dai prugnoli, persino dai prataioli. Se consideriamo la consistenza, l'aroma
e la resa, tutto ciò sarebbe inspiegabile, se non col fatto che
solo noi italiani abbiamo una vera cultura del fungo in cucina preparato
da solo, mentre all'estero è più spesso un ingrediente che
affianca carni, pesce, uova, ecc. Per questo motivo molte cucine europee
hanno sempre preferito funghi dai caratteri organolettici più neutri,
oppure funghi piccoli da aggiungere interi ad un intingolo, o, infine,
funghi dal profumo di tipo speziato o comunque trattabile come una spezia.
Tutto ciò ha fatto si che la maggior quantità dei funghi
raccolti nei boschi europei, ed anche extraeuropei, raggiunga il mercato
italiano, con la conseguente invasione di porcini di scarsissima qualità
rispetto a quelli nostrani. Ovviamente esistono delle piccole zone (in
Francia, in Austria, in USA, nell'Est europeo, ecc.) dove invece i porcini
sono apprezzati quanto in Italia; in particolare negli Usa c'è una
vallata dove sono ingrediente fondamentale della dieta quasi quotidiana;
gli studiosi hanno poi scoperto che in questa zona il cancro è assai
poco diffuso: da li una notevole attività di ricerca per scoprire
che cosa il porcino contenga di utile contro il cancro. Del resto la strada
dello studio dei funghi superiori come anticancerogeni è ormai diffusa
in diversi paesi: almeno Polonia, URSS, USA, Argentina. Tutte le specie
comprese nella denominazione di porcino hanno i seguenti caratteri: — Cappello
molto spesso e carnoso, emisferico e sovente gibboso, con margine più
o meno regolare, rivestito da una cuticola parzialmente separabile, di
colore bruno con diverse tonalità a seconda di habitat e specie;
— Imenio (la parte fertile) posto sotto alla polpa del cappello e costituito
da tubicini (tuboli) appressati che, nel loro insieme, assumono aspetto
spugnoso; si aprono inferiormente con fori detti «pori», regolari
e tondeggianti. Tubuli e pori sono bianchi nei primi stadi di vita del
fungo, per divenire, col procedere della maturazione, giallo pallidi, verdolini
ed infine verdi scuri;
—Gambo molto robusto, quasi sempre assai panciuto, quasi sferico nei
giovani esemplari, claviforme in quelli più maturi, sempre pieno,
decorato in modo più u meno evidente da un rilievo a forma di reticolo;
spesso e ricurvo in quanto il fungo crescendo ha ~ncontrato ostacoli nel
tentativo di uscire allo scoperto;
—Polpa assai soda e abbondante, bianca, profumata e molto sapida (odore
e sapore cosiddetti «fungini»), sovente invasa di larve a partire
dal piede del gambo; quest'ultimo può divenire leggermente coriaceo
a piena maturazione, mentre la polpa del cappello tende a diventare molle
e spugnosa;
—Habitat molto variabile a seconda della specie e della stagione. Trattasi
comunque di funghi simbionti con piante arboree, con micelio generalmente
piuttosto profondo. Boletus reticulatus
È il più profumato e saporito del gruppo, riconoscibile
per il reticolo diffuso lungo tutta la superficie del gambo, che è
di colore brunastro più o meno chiaro, la cuticola asciutta, vellutata,
la polpa del cappello di colore giallino per una breve striscia sotto la
cuticola stessa; cresce solo nei mesi più caldi (giugno - inizio
settembre) per cui è anche chiamato porcino d'estate. Ne esistono
due forme ben distinte; quelli con cappello di colore marrone molto caldo,
intenso, uniforme, assai frequenti in settembre soprattutto nei marroneti
coltivati tra l'erba o nelle radure erbose dei boschi montani di abete
rosso e misti; poi ci sono i reticulatus di colore bruno-grigiastro, più
diffusi nei boschi più sassosi, sotto latifoglie ed in ambiente
abbastanza asciutto, comunque sempre in posizioni esposte al sole. Naturalmente
sono reperibili varie forme intermedie, che rendono assai spesso ardua
la distinzione da Boletus edulis e Boletus aereus.
La stagione calda e la crescita sovente in luoghi più asciutti,
quindi più lenta, favoriscono il formarsi di numerose larve nella
polpa di questo fungo, che, pur essendo il migliore tra i porcini, è
anche purtroppo il meno serbevole. È il più adatto a tutte
quelle preparazioni che richiedono forte carica aromatica: essicamento,
insalate crude in compagnia di altri ingredienti (sedano, carne cruda,
formaggio, persino tartufi, ecc.), intingoli vari con carni, pesci, uova.
Trifolato risulta meno viscido di edalis e pinicola. Boletus
reticulatus
Boletus aercus
Ecco un altro porcino termofilo, in quanto cresce soltanto nei boschi
caldi con maggiore frequenza nelle regioni meridionali. Nel Cuneese, chiamato
"bulé neir" (in italiano porcino nero) è abbondante
nelle quercete e più raro nei castagneti, lungo tutto l'arco della
stagione (giugno-ottobre). Sovente di meno eccelsa qualità nel Meridione
e nelle Isole, per scarsa serbevolezza, poca sapidità e polpa molle,
è invece molto buono nel Cuneese, dove è normalmente dotato
di elevata carica aromatica e carne soda e persino asciutta, quasi gessosa,
negli esemplari giovani. Si riconosce per il cappello scuro e di colore
quasi mai uniforme, ma piuttosto marmorizzato, per la polpa color neve
e priva di aree colorate sotto la cuticola, per il gambo di colore ocraceo
con reticolo più o meno evidente. È fungo particolarmente
adatto all'essicamento ed alla frittura (purché maturo) e comunque
eccellente per tutti gli usi.
Boletus edulis
Porcino che ama assai meno il caldo dei precedenti, si trova da agosto
in poi (talvolta fino a novembre), raramente da luglio. Nei mesi estivi
è presente soprattutto nei boschi di montagna o in quelli più
freschi e meno esposti di collina, da settembre si spinge anche in pianura.
Cresce in simbiosi con abete rosso, faggio, castagno, querce, nocciolo,
carpino, betolle, tiglio, più raramente pini e abete bianco. Di
qualità eccellente per profumo e sapore quelli di castagno, per
serbevolezza quelli di faggio, per ambedue questi pregi quelli di alta
montagna spuntati al sole nelle radure erbose. Adatto a tutti gli usi,
risulta però un po' viscido trifolato ed in intingoli; si adatta
meglio degli altri ad insalate crude senza altri ingredienti. È
di solito ben riconoscibile dagli altri porcini per il cappello un po'
viscido a tempo umido, di colore variabilissimo dal bianco appena sfumato
di bruno (esemplari dei boschi fitti di leccio e faggio) al marrone scuro
(esemplari dei luoghi più assolati), ma molto spesso con una sottilissima
striscia biancastra al margine del cappello. Il gambo è bianco con
reticolo più O meno diffuso, la polpa presenta una sottile aureola
bruno porporina sotto la cuticola. In montagna condivide col pinicola il
nome dialettale di «bulé dla freld» (= del freddo).
Con la parte spugnosa matura (di colore verde) di questa specie (ed anche
degli altri porcini) si può dare sapore a zuppe e vari piatti, utilizzandola
come legante (previa scottatura con burro).
Boletus pinicola
È il vero «bulé dia freid», crescendo anche
nei mesi freschi (fin da maggio, e poi fino a novembre inoltrato), ed essendo
assai raro nei periodi caldi. E poi il più grande dei porcini e
il meno profumato. Risulta però, per motivi estetici, il migliore
da conservare sott'olio (mantiene gradevoli contrasti cromatici anche dopo
bollitura), è assai serbevole e si adatta molto bene alla cottura
in grat1cola. Vive in s1imbiosi con castagno, pini, faggio, abete bianco
e rosso. Quasi sempre associato al mirtillo nero. È sicuramente
il più caratterizzato dei porcini, ben distinguibile per il cappello
dotato di toni rossicci, il gambo o bianco candido o colorato di brunastro
rossiccio, il reticolo un po' porporino nella parte alta (non sempre),
la polpa sotto la cuticola di colore bruno porporino per una evidente striscia.
Possibili errori
I1 gran successo dei porcini è dovuto anche al fatto che non
sono confondibili con specie tossiche; il cosiddetto «porcino malefico»
(Boletus satanas) ed altri boleti di sospetta tossicità hanno caratteristiche
molto diverse di colore e profumo e, soprattutto, hanno polpa che diventa
più o meno blu all'aria. Quest'ultimo carattere comunque non è
indice di per sé di tossicità, perché esistono anche
ottimi commestibili (Boletus erythropas per fare un esempio) con questo
medesimo viraggio della polpa. Purtroppo tuttavia anche i porcini non sono
sempre di facilissima identificazione, essendo confondibili con una specie
che, seppure non tossica, costituisce sovente uno spiacevole infortunio
per il raccoglitore disattento. È infatti un fungo dal gusto amarissimo
che, aggiunto, anche in minima percentuale, ad altre specie, rende tutto
il misto immangiabile. Si tratta di Boletus felleus, anch'esso con polpa
bianca immutabile, odore assai lieve, diverso da quello dei porcini, ma
non sempre identificabile, reticolo sul gambo assai evidente. Gli esemplari
maturi sono facilmente separabili perché i pori diventano rosa,
ma quelli giovani possono essere facilmente confusi soprattutto col reticulatus;
il felleus tipico ha i pori un po' rigonfi, il reticolo più scuro
della superficie del gambo, colori dell'intero carpoforo tendenti al grigio
verdastro. Tuttavia esistono esemplari con tinte più sul bruno e
reticolo meno evidente; il nostro consiglio, in caso di porcini atipici,
è l'assaggio della polpa prima della raccolta: il sapore fugherà
ogni dubbio .