LAZIO
Lambito
per 280 km dal Tirreno, incastrato fra Toscana e Umbria a nord,
con un angolino accostato alle Marche, circondato a est dall'Abruzzo, a
sudest dal Molise e a sud dalla Campania, ha una configurazione complessa
con articolazioni montuose estese da nord e sud attraverso i Volsini, la
Tolfa, i Cimini, i Sabini, i Simbruini, gli Emici, i Reatini (Terminillo),
i Sabatini, i Tiburtini, i Prenestini, gli Albani, i Lepini, gli Ausoni,
gli Aurunci. Un susseguirsi di rilievi (parte di origine vulcanica) e di
vallate che danno al Lazio una ricchezza di immagini tale da suscitare
senza soste la curiosità e l'interesse del turista. Non mancano
i fiumi, che si riversano tutti nel Tirreno (salvo il Tronto che da un
lembo laziale va verso l'Adriatico): il Tevere, il Fiora, il Marta (che
esce dal Lago di Bolsena), l'Arrone (emissario del Lago di Bracciano),
l'Aniene, il Sacco, il Velino. Non pochi sono i laghi: quelli citati, a
cui si aggiungono Vico, Albano, Nemi, tutti di origine vulcanica; costieri
(ai margini dell'Agro Pontino) sono invece i laghi di Sabaudia, Fogliano,
Caproluce, che sfilano a sud, in prossimità del Circeo. Una miriade
di aziende agricole opera nella pianura costiera e nella campagna romana:
si allevano bovini, ovini, suini, si coltivano frumento, prodotti ortofrutticoli,
carciofi, pomodori, ulivo e vite (buona produzione di vino). Il Lazio converge
su Roma, cui è allacciato da moltissime vie di comunicazione, basate
ancora sulle strade consolari. Qui, almeno, e
proprio vero che "tutte le strade portano a Roma".
Le feste. In agosto, ad Amatrice (RI)
Sagra degli spaghetti all'amatriciana, e gimkana dei butteri con Sagra
della panzanella a Bracciano (Roma); a Marino (Roma), Sagra dell'uva in
ottobre; a Esperia (FR), l'ultima domenica di luglio, Sagra delle olive
e delle marzoline (formaggio piccante).
Artigianato. Preziose ceramiche sono
prodotte in varie località della Tuscia e a Vetralla; le selle migliori
del mondo si trovano invece a Tolfa.
Proverbio: Le
chiacchiere er Monte nu le piia (Le chiacchiere il Monte di pietà
non le prende).
Si mangia: A Roma c'è di tutto,
nel bene e nel male (gastronomicamente parlando), ma la tradizione più
vera e tuttora miracolosamente vitale. Parliamo della tradizione di una
cucina legata alla terra, contadino-pastorale: l'abbacchio, peraltro non
sempre un agnellino da latte, le verdure (carciofi, fave, piselli, le onnipresenti
puntarelle al sugo di alici). Pare che proprio nel Lazio sia nato il pinzimonio,
che esalta i sapori delle verdure crude intinte in una ciotola d'olio,
e "romana" è il nome di una varietà di lattuga
diffusa in tutta Italia. Molti e notevoli i primi piatti, a partire da
quello "fisso" il giovedì: gnocchi. Non quelli di semolino,
ma quelli veramente alla romana: di patate, conditi con ragù di
carne o pomodoro e basilico E poi i classici spaghetti alla carbonara e
i bucatini all'amatriciana. Gli ultimi, senz'altro più antichi,
devono il nome al paese di Amatrice, in provincia di Rieti: sono essenziali,
nel sugo, il guanciale di maiale, con pomodoro, vino bianco, peperoncino
e, in tavola, una generosa grattata di pecorino. Meno aggressivi gli spaghetti
alla carbonara, conditi con burro, formaggio, uova, soffritto di pancetta.
Rustici e sinceri altri due piatti di spaghetti: cacio e pepe, aglio e
olio. Ancora più rustici i rigatoni alla
pajata (interiora di vitellino). Interessanti alcuni secondi, come la coda
alla vaccinara (nata al Testaccio, attorno al Macello, dove le trattorie
riciclavano parti di animale con poco mercato), il garofolato
di manzo (uno stracotto saporito), la trippa alla trasteverina. Ma il secondo
"esportato" con successo in tutta Italia è costituito
da un piatto il cui nome e tutto un programma: saltimbocca (fettine di
vitello con salvia e prosciutto).
Si beve: I terreni vulcanici sono ottimi
per la vigna e il vino, a patto di non esagerare, approfittando
della "bocca buona'' di visitatori pronti a bere "er
vino de li Castelli", una caraffa di bianco come battesimo
dell'Urbe. Il 90% della produzione Doc è costituito dai vini bianchi,
che rappresentano 1'80% dell'intera produzione. Per qualità, i vertici
laziali sono però raggiunti da tre rossi. Il sorprendente Fiorano
di Boncompagni Eudovisi. Difficile immaginarsi un uvaggio bordolese realizzato
sull'Appia Antica: eppure è così. Poi c'è il Torre
Ercolana di Colacicchi, uvaggio di Cesanese, Cabernet e Merlot. Nasce ad
Anagni, creato da un illustre musicista, ed è per pochissimi, visto
che la produzione non supera le cinquemila bottiglie annue ed è
distribuita solo da un'enoteca romana. Il terzo gioiello, nato più
di recente, e il Vigna del Vassallo, prodotto a Marino da Paola di Mauro
con uve Cabernet, Merlot, Sangiovese e Montepulciano. A Marino, Ariccia,
Frascati esistono cantine con produzioni qualitativamente accettabili che
sono ormai presenti in tutta Italia e hanno invaso i mercati esteri coi
loro bianchi. Più difficile, per chi non vive nel Lazio, reperire
vini come l'Aleatico di Gradoli, il Cesanese, il Merlot di Aprilia.