SICILIA
Un
triangolo piantato nel mare con 1.039 km di coste di varia struttura.
È
la regione più vasta d'Italia, con il Tirreno a nord, lo Ionio a
est. il Canale di Sicilia a sud ovest. Circondata da altre isole, le Eolie
o Lipari e Ustica nel Tirreno, le Pelagie e Pantelleria nel Canale di Sicilia,
le Egadi di fronte a Trapani e a Marsala. Parecchi i monti e scarsi i fiumi,
con corso limitato e piene invernali, mentre d'estate languono in secche
avvilenti. I rilievi conservano strutture peninsulari e si considerano
appendici del sistema montuoso continentale. Distesi verso sudest, i Peloritani
sono interrotti dall'Etna (il più grande vulcano attivo d'Europa
con i suoi 3.263 m). Altre catene importanti, come i Nebrodi e le Madonie,
scorrono lungo la fascia tirrenica, gli Erei al centro, gli Iblei nell'angolo
sud-orientale, fra la piana di Gela e quella di Noto. Grande produttrice
di vini, di agrumi, e anche di ortaggi e leguminose, olive e frutta, cereali,
cotone, tabacco, la Sicilia vanta un patrimonio zootecnico sviluppato (bovini,
ovini, suini, equini) e una diffusa attività peschereccia
Le feste. Salsiccia, risotto di maiale,
coniglio "a partuisa", cannoli di ricotta e crispelle di San
Martino a Chiaramonte Gulfi (RG) il lunedì prima di Carnevale; sagra
del gelato a Noto (SR) in agosto, con cassata siciliana, cannoli, semifreddi,
dolce alla mandorla; "u fistinu" a Palermo (11-15
luglio), con sfilata del carro gigante e banda musicale.
Artigianato. Tappeti orditi con i telai
di legno a Erice (TP); banjos, chitarre, mandolini, liuti, mandole, bouzuki
a Piano Tavola (CT); pupazzi, Pulcinella, guerrieri, paggi, animali, diavoli,
sirene a Palermo e a Bagheria (PA); statuette in terracotta a Sciacca (AG)
e Caltagirone (CT); fogli di papiro (essiccati come nei temi remoti) con
disegni egizi a Siracusa.
Proverbio. Tannu
criu a lu tronu, quannu viu lu lampu (Allora credo al tuono quando vedo
il lampo).
Si mangia. La cucina siciliana
tocca vertici di sapore e anche di scenografia altissimi, difficilmente
riscontrabili in altre regioni italiane. Greci, romani, arabi, normanni,
spagnoli, inglesi hanno lasciato segni profondi nelle abitudini gastronomiche.
La pastasciutta è nata in Sicilia, e anche gli "arancini"
di rive che poi hanno risalito la penisola. Gli arabi hanno insegnato le
delizie del sorbetto, qui si fanno gelati e dolci stupendi, a base di marzapane,
canditi, miele, ricotta. Influenze arabe anche nel cuscusu (o cuscus) nella
zone di Trapani. Sui grani di farina di semola si depongono pesci e crostacei,
invece delle carni (escluso il maiale) previste dalla ricetta musulmana.
Il pesce spada e cucinato spesso "alla ghiotta", cioè
in tegame, con verdure; grande attenzione al pesce azzurro, sarde in particolare,
che entrano trionfalmente nella pasta appunto con le sarde, negli spaghetti,
bucatini e (meglio) maccheroni. E’ curioso, e
può sembrare azzardato l'accostamento, nel ragù, di sarde,
zafferano, finocchio selvatico, pinoli e uva passa, ma è una sinfonia
di sapori. E anche nelle sarde "a beccafico", un tradizionale
secondo, trionfa l'agrodolce, che è un po' una caratteristica della
cucina siciliana. Basti pensare all'insalata di arance servita come contorno,
alle acciughe all'arancia. Assai buoni i salumi saporiti isolani (i maiali
sono nutriti con ghiande e fichi d'India) e i formaggi,
specie il caciocavallo di Ragusa e un tipo di pecorino prodotto a Enna
e provincia. Si chiama piacintinu ed è insaporito dallo zafferano
e da grani di pepe. Un consiglio infine per il viaggiatore: dopo il pasto,
lasci sempre un po’ di posto riservato al dolce, gelati compresi. Dove
altro potrebbe infatti gustare un gelato al gelsomino?
Si beve. La Sicilia è terra
con vocazione al vino ma non priva di contraddizioni. Il più famoso,
il Marsala, è stato "inventato" nel 1773 dall'inglese
John Woodhouse, ha successivamente avuto una crisi d'immagine e di contenuti
e solo recentemente e tomato a occupare posizioni di privilegio, come merita
senza dubbio, se è ben fatto. La Sicilia
è un immenso vigneto, ma il 75 per cento della prodazione
consiste in vini da taglio. Per chi tende alla qualità, le condizioni
di clima e suolo sono ottime. L'ultimo esempio di ottimo vino siciliano
è la Malvasia delle Lipari di Carlo Hauner. Non è certo un
cognome siciliano, e infatti Hauner è bresciano, ma è come
se fosse siciliano: architetto, pittore (nel '48 una sale della Biennale
di Venezia e stata destinata alle sue opere), ha lavorato in tutto il mondo
prima di arrivare, in vacanza, a Salina, nelle Eolie, e da Salina non s'è
più mosso. Sull'isola, in località Lingua, Hauner diventa
contadino. La prima vendemmia, nel '77, è un mezzo disastro, non
basta la passione senza il supporto tecnologico. Ma le altre vendemmie
sono, via via, sempre più sontuose. Hauner sostiene che per fare
un buon vino "è più importante
capire la buona musica che mandare a memoria i trattati di enologia".
La sua Malvasia è sicuramente musicale, con profumi d'albicocca
matura e miele d'eucalipto. Viene prodotta in due versioni, entrambe da
uve passite con minime aggiunte di Corinto nero, una leggermente più
secca. Vino ideale con i dolci, secondo alcuni anche con i formaggi dal
gusto deciso, ma senza alcun dubbio gradevole anche in regale solitudine.