PIEMONTE

Una grande ragnatela: città, paesi, vie di comunicazione, fiumi. E' qui che si sviluppa il Po, con gli affluenti .Che scendono da sinistra (Pellice, Chisone, Dora Riparia, Stura di Lanzo, Orco, Dora Baltea, Sesia, Toce, Ticino) e da destra (Tanaro, Scrivia, Bormida), e le acque irrompono in una pianura fertile, ricca soprattutto a nord del grande fiume di frumento e mais e di risaie (Vercellese e Novarese), irrigate anche da un efficace sistema di canali (il Cavour, 32 km, collega il Ticino e il Po). Regione adagiata fra i rilievi dell’Appennino Ligure, le Alpi occidentali, i bastioni del gran Paradiso e che sfocia verso oriente della Pianura Padana. Terra di industrie automobilistiche ma anche generosa dispensatrice di vini straordinari (Langhe, Astigiano, Monferrato) e accostata alla Francia a ovest, alla Valle d’Aosta e anche alla Svizzera a nord, alla Liguria a sud, addossata alla Lombardia, e per un breve tratto all’Emilia, a est. Bagnato dalla costa ovest del Lago Maggiore, quella più bella e più frequentata, il Piemonte ha modesti specchi d’acqua: Orta, Viverone, Avigliana, Candia, oltre a numerosi laghetti alpini. Industria e agricoltura si sobbarcano in buona parte il reddito regionale, ma anche il turismo sta crescendo considerevolmente.

Le feste. Il 19 giugno ha luogo a Mango (Cuneo) la festa dei Tabui (i cani iscritti al Taccuino Bastardi Utili Italiani). I cani senza razza vivono una storica giornata: sfilata davanti al pubblico plaudente, lettura delle lettere dedicate proprio a loro. Altri appuntamenti: la "Vendemmia dell’uomo" (seconda domenica d’ottobre) a Castagnole Monferrato (Asti), la Sagra del tartufo di San Martino ad Alba (primo weekend di novembre), la Sagra dell’urlo (tre giorni di luglio) a Monforte d’Alba, il raduno dei brutti (tre giorni di maggio) a Trino Vercellese. Il Palio di Asti (settembre), secondo solo a quello più celebre di Siena.

Artigianato. Buoni artigiani si trovano dovunque, ma solo a Trino Vercellese assicurano autentiche icone russe. A Saluzzo, antiquariato, ma anche pseudoantiquariato, abbastanza richiesto.

Proverbio. Chi ha paura del diàu a fa pa roba (Chi teme il diavolo non s’arricchisce).

Si mangia. Il Piemonte è la regione più ricca nel capitolo mangiare e bere. La difficoltà è avventurarsi da ignari in un tipico pranzo piemontese, col rischio di naufragare dopo gli antipasti (almeno cinque, in genere, ma spesso più numerosi) senza avere la forza di nuotare nel mare magnum dei piatti successivi. I risotti e le paste (i sublimi tajarìn langaroli, conditi al brucio, con sugo d’arrosto, e con burro e tartufo, gli agnolotti il cui ripieno varia da paese a paese), i bolliti con le loro salse canoniche, gli arrosti, la finanziera. Mettiamoci di sfuggita anche la gran varietà di formaggi e dolci e il quadro sarà completo. Come piatto da raccontare abbiamo scelto la bagna calda, pur sapendo che l’aglio divide l’umanità: pro o contro, non c’è via di mezzo. La bagna caoda (calda) è un intingolo di olio, aglio e accinghe ed è uno dei pochi piatti piemontesi ad ammettere l’olio. La presenza di olio e acciughe porta a credere che le origini della bagna calda siano marinare: in Liguria e in Provenza l’aggiadda e l’aioli sono parenti della bagna caoda. La consacrazione, in Piemonte, è dovuta al grande livello delle verdure da intingere: il cardo, specie quello gobbo di Nizza, i peperoni in particolare. Nel suo pentolino, la salsa non deve mai raffreddarsi, ed ecco il fornelletto (la s’cionfeta); a turno i commensali intingono le verdure: anche ravanelli, verze, broccoli, finocchi, topinambur, sedani, insalate. Alla fine, nei resti della bagna chi ha ancora un angolino di stomaco libero può cucinare due uova. In tempi di fast food dilagante, è opportuno precisare che la bagna caoda comporta un rito lento, molto pane e molto vino.

Si beve. Per i rossi, il Piemonte è il paradiso e le Langhe sono il massimo del Piemonte. Par di sentire l’obiezione: e dove mettiamo il Moscato d’Asti? Obiezione legittima. In effetti, chi ama il vino in Piemonte dove casca casca bene. E l’imbarazzo della scelta qui si fa molto sentire. Non lo diciamo per cercare un alibi, lasciamo parlare i numeri. Il Piemonte ha numerosissimi vini Doc e Docg (primato italiano). Ne basterebbero meno per scrivere un libro, ne basterebbe solo uno scelto a caso fra le due nobilissime colonne: Barolo e Barbaresco. Così abbiamo deciso di ignorare le autostrade, se è consentito il termine, e di illustrare un sentierino che si chiama Pelaverga. Poche decine di migliaia di bottiglie, la produzione annua, nel comune di Verduno. È un vitigno forse arrivato dalla Francia, via Saluzzo, che dai terreni gessosi sà trarre il massimo.