CAMPANIA
Ci
sono dei luoghi comuni ricorrenti, radicati nella fantasia: fra questi,
sorretta e rilanciata dalle canzoni e dalla commedia dell'arte di cui sono
stati recenti interpreti i De Filippo, l'immagine del "paese d'o sole"
dove vigne, uliveti, agrumeti e frutteti allignano rigogliosi, accarezzati
dalle brezze marine. La vigna non è certo
in Campania una coltivazione
recente, visto che i vini campani allietavano già le mense degli
antichi Romani. E’ ovvio che la regione, un tempo specialmente ferace -
dove acqua e sole facevano esplodere le colture dai terreni vulcanici nelle
piccole isole, lungo le splendide coste come sulle pendici vesuviane o
negli altopiani più interni - abbia memorie e citazioni di vigneti
antiche come la storia. I Romani la chiamavano Campaniafelix,
riferendosi certamente anche a vini che alla loro epoca erano assai apprezzati.
Costoro avevano fatto della Campania una zona prediletta per costruirvi
le loro seconde case, le ville dove trascorrere le vacanze estive o i momenti
più piacevoli e dove organizzare simposi e festini allietati appunto
dai celebri vini locali. Questi nettari furono cantati, lodati da poeti
come Orazio e Virgilio e descritti da naturalisti come Plinio il Vecchio,
che distingueva diversi tipi di vino Falerno secondo provenienza, sapore
e corpo. I1 Vinaem Falerneum più autenticamente originale dovette
essere allora quello ottenuto dai vigneti impiantati sui fertili terreni
ai piedi del Mons Massicus appartenuti appunto alla tribù Falerna
dal IV secolo a.C. Il Massico è il rilievo montuoso dell'Antiappennino
Campano che culmina a oltre 800 m di altitudine, fra i bassi corsi dei
fiumi Garigliano e Volturno, dominando la fascia litoranea del golfo di
Gaeta. Oggi un certo degrado ambientale, l'urbanesimo nel Napoletano e
un mutamento nelle tendenze culturali hanno ridotto la produzione campana
di vini a livelli modesti, attorno al 3,5% del prodotto nazionale. Inoltre
i vini di qualità, a DOCG o a DOC, rappresentano una piccola parte
del prodotto regionale il quale è complessivamente inferiore al
consumo tanto è vero che la Campania acquista più vino forestiero
di quanto ne esporti di proprio. E’ anche interessante notare come, probabilmente
per un'evoluzione dei gusti e delle tendenze di mercato che prediligono
vini bianchi asciutti e rossi più ricchi di profumi che di gradazione,
più eleganti che forti, i vini campani attualmente più apprezzati
e conosciuti sui mercati esterni siano quelli che si producono negli altipiani
dell'Irpinia, nei dintorni di Avellino dove il clima è piuttosto
freddo e l'ambiente è simile a quello delle regioni settentrionali.
D'altra parte la Campania è rimasta un interessante vivaio di antichi
vitigni che alcuni testi definiscono addirittura "archeologici".
Fra questi quelli della triade che rimane prevalente nell'Avellinese: l'Aglianico
da cui il vino Taurasi, il Fiano e il Greco di Tufo. L'Aglianico, che come
vedremo è la base di diversi vini rossi a DOC, e considerato originario
delle pendici del Vulture e, come tale, rivendicato anche dalla confinante
Basilicata. Il Fiano è riconducibile alla Vitis apiana (ossia gradita
alle api per la sua dolcezza) degli antichi Romani ed è uno dei
più distinti vitigni italiani a frutto bianco. Il Greco di Tufo,
come dice il nome, discende da antiche varietà greche: le sue uve
bianche danno vini elegantissimi soprattutto nell'Avellinese ma allignano
anche in altre zone da cui assumono nomi clonali diversi come il Greco
del Vesuvio, il Greco d'Ischia il Greco di Somma. Altre antiche varietà
sono il Falanghina, da cui i vini bianchi Capri e Falerno, e l'Asprinio
a frutto bianco. Il Falanghina era forse il vitigno di origine greca impiegato
dai Romani per produrre il Falemum Bianco. L'Asprinio è una specie
di Vatis silvestras, quindi certamente antichissima, introdotta fin dall'epoca
etrusca nelle pianure intorno ad Aversa e probabilmente destinata soprattutto
alla produzione di aceto, che però fu anche apprezzata in epoche
successive e fino a pochi decenni or sono per certi vini frizzanti naturali,
asprigni, dissetanti. Attualmente se ne impiega una parte per vini base
da spumanti. Sempre fra i bianchi permangono, sia pure in minor quantità,
Biancolella e Coda di Volpe. Fra i rossi ha ancora un ruolo importante
(a Capri, a Ischia, sul Vesuvio) il Piedirosso o Palombina (Pere Palummo).
A Ischia il principale vino bianco viene dal vitigno antico Forastera e
il principale rosso dal Guarnaccia. I rinforzi di provenienza esterna sono
i Sangiovese, Trebbiano Toscano, Barbera, Verdeca e Primitivo pugliesi,
per non citare che i più diffusi. Situata geograficamente fra il
Lazio a nord, il Molise a nord-est, la Puglia a est e la Basilicata a sud-est,
la Campania si affaccia a ovest sul mar Tirreno: il suo confine con il
Lazio è segnato approssimativamente dal fiume Garigliano, mentre
quello con le altre regioni corre su alcuni massicci del sistema appenninico.
Lunga circa 200 km dalla foce del Garigliano a Sapri, nel golfo di Policastro,
e larga 130 km da Pozzuoli a Rocchetta Sant'Antonio, la regione ha aspetti
e caratteristiche differenti da zone a zone. È evidente che l'adattamento
delle colture è correlato alle differenze di ambiente pedoclimatico;
la Campania dai rilievi appenninici interni, confinanti con il Molise e
la Puglia, scende a occidente fino alla costa tirrenica e si sviluppa dal
Lazio alla Basilicata lungo circa 460 km di coste, che includono anche
i contorni delle isole di Ischia, Procida e Capri. A parte le pianure,
le plaghe montuose e i rilievi vulcanici, circa una mete della superficie
della regione e costituita da colline di altitudine tra i 100 e i 500 m
i cui profili irregolari sono stati scavati specialmente dai fiumi Volturno,
Calore e Sele. La maggior parte dei vigneti è disposta in filari
lungo le pendici delle colline
ed e allevata a "spalliera". Sussistono però le "alberate"
di storica memoria, con fili di sostegno tesi fra alberi, spesso a notevole
altezza. Un tempo erano molto diffusi i terrazzamenti lungo le pendici
delle colline più scoscese, dai contorni accidentati, mentre attualmente
prevalgono vigneti impiantati su declivi piuttosto regolari. In pianura
è diffuso il sistema a "tendone" che è comune soprattutto
per le uve da mensa. Presente pure il sistema ad "alberello".
Sulla penisola sorrentina come sull'isola di Capri è tipico un pergolato
sorretto da colonne e sormontato da travi disposte in quadrato su cui la
vite corre e si allarga a tettoia: questi impianti, specialmente quando
sorgono sulle terrazze arginate da muretti di sasso, hanno un aspetto assai
pittoresco. La plaga settentrionale, in gran parte occupata dalle propaggini
appenniniche, articolata in zone collinari dominate dai monti Aurunci,
del Sannio, di Taburno crea prodotti d'una certa tipicità, ripresa
ed espressa dai disciplinari delle diverse DOC. I declivi vulcanici nella
zona dei monti Aurunci in un clima caldo e asciutto crescono un Aglianico
corposo, un Falanghina concettoso e un Primitivo che sono la base dei vini
DOC Falerno del Massico bianchi e rossi. I terreni alluvionali della valle
del fiume Calore, nel Sannio, danno uve bianche Trebbiano, Falanghina,
Malvasia e uve rosse Sangiovese, Aglianico, Piedirosso e altre da cui i
vini leggeri o di medio corpo della DOC Solopaca. Un'altra DOC si riferisce
a un piccolo comprensorio sempre nella medesima zona: essa riguarda i vini,
fra cui un bianco da Malvasia di Candia e Falanghina, prodotti nei territori
collinari di Guardia Sanframondi (da cui la denominazione accorciabile
in Guardiolo) e di altri tre comuni limitrofi. La zona di Taburno a ovest
di Benevento è elevata, con clima fresco e precipitazioni abbastanza
frequenti: un ambiente adatto al vitigno Aglianico, che vi si esprime in
vini ragguardevoli rossi e rosati (DOC Aglianico del Taburno). Altri vitigni
compaiono nei diversi vini bianchi, rossi, novelli e spumanti della DOC
Taburno: fra questi Trebbiano, Falanghina, Greco, Coda di Volpe bianchi
e Sangiovese rosso. In numerosi comuni del Casertano e in alcuni della
provincia di Napoli, con centro ad Aversa, è coltivato, di solito
con il sistema detto "alberata aversana" ossia in forma verticale,
il vitigno Asprinio, antichissimo, che ora si è inteso salvaguardare
come curiosità e come bene ambientale approvando la DOC per i vini
bianchi (anche spumanti) della zona. L'Aversa Asprinio (o Asprinio di Aversa)
prodotto con uve provenienti da impianti tradizionali deve portare in etichetta
insieme alla DOC la dizione "alberata" o "vigneti ad alberata".
Le colline avellinesi dell'Irpinia, di origine vulcanica, rappresentano
una zona enologicamente assai vocata e apprezzata che si è rivelata
tale in tempi abbastanza recenti sia per la già descritta evoluzione
del gusto e delle tecniche enologiche sia per il merito di produttori (come
la famiglia Mastroberardino) che hanno saputo riscoprire e attualizzare
i pregi delle clonazioni locali di vitigni come il Fiano, il Greco di Tufo,
l'Aglianico e altri. Le DOC della zona sono Fiano di Avellino, detto anche
Apianum per evidenziarne i gloriosi trascorsi fin dall'epoca romana antica
e Greco di Tufo (anche spumante). La DOCG Taurasi, dal paese omonimo, riguarda
uno dei più pregevoli rossi da invecchiamento d'Italia da uve Aglianico
in grande prevalenza: esso viene correntemente paragonato come eleganza,
nerbo e longevità ai grandi piemontesi i cui diversi vitigni crescono
però in analoghe condizioni ambientali. La fascia costiera e le
isole del golfo di Napoli sono caratterizzate dalla nera, fertile terra
vulcanica oppure da strutture rocciose' come nel Sorrentino e a Capri,
dove le vigne sono disposte su terrazzamenti. Il caldo secco di questa
zona favorirebbe le uve rosse per vini robusti: ma la tendenza è
stata ad allevare vitigni a frutto bianco per ricavarne vini più
leggeri. Di certi vecchi toponimi che designavano vini un tempo apprezzati
come Ravello, Gragnano, Lettere è rimasto il ricordo e raramente
qualche isolata, minima produzione. Oggi i vini più conosciuti sono
quelli che corrispondono alle DOC: Ischia Bianco e Rosso da antichi vitigni;
Vesuvio Rosso, Rosato e Bianco anche nelle versioni più robuste
che portano la denominazione supplementare di Lacryma Christi del Vesuvio
o LCV; Capri Bianco e Rosso. Si noti che in zona la gamma dei vitigni è
particolarmente variata e ricomprende tutti i più tipici regionali.
Il Cilento, a sud-est di Salerno, dalla pianura alluvionale del Sele si
protende nel promontorio di basse montagne le cui pendici rocciose, ostiche
alle coltivazioni, sono state sfidate da vigneti che sfruttano terreni
calcarei e clima mite, specie nell'interno. Si tratta soprattutto di vigneti
composti da vitigni Aglianico, Piedirosso e Primitivo che danno vini rossi
robusti e rosati generosi. La DOC Cilento applicabile a questi vini si
riferisce anche a un bianco leggero da uve Fiano, Trebbiano, Greco e Malvasia.
In zona un'altra DOC e Castel San Lorenzo, dall'omonimo comune nella valle
del Calore, che si riferisce anche al territorio di altri comuni della
provincia di Salerno e si applica a vari tipi di vini, fra cui un rosso
da uva Barbera in prevalenza e un bianco da uva Moscato in prevalenza che
può essere anche prodotto in versione spumantizzata.