BASILICATA
La
regione prevalentemente montuosa (47% del territorio) e collinosa (45%)
a eccezione di una stretta pianura costiera a sud-est sul golfo di Taranto
nel mar Ionio, tocca anche con una breve costa il mar Tirreno, nel golfo
di Policastro. Le pianure verso la costa ionica, in parte paludose, sono
solcate dai soli fiumi di qualche importanza, tutti a regime torrentizio,
di cui il più lungo, il Basento, sfocia nei pressi di Metaponto.
Nell'interno si distinguono due zone: quella occidentale,
montuosa, che costituisce la continuità della dorsale appenninica
fra Campania e Calabria e quella orientale, collinosa, con terreni argillosi.
Amministrativamente la Basilicata confina con
la Puglia (province di Foggia, Bari e Taranto), con la Campania (province
di Avellino e Salerno) e con la Calabria (provincia di Cosenza). Per estensione,
escludendo il Molise, è la regione più piccola tra quelle
meridionali e quella meno popolata. È probabile che gli innesti
produttivi o le piantine di vite da vino siano stati introdotti nella regione
dai coloni greci che fondarono anche Eraclea ossia l'antica città
della Magna Grecia che occupava il sito dell'odierna Policoro: le
vestigia di questa città ci hanno lasciato, fra l’altro, le prove
certe che fin da allora si praticava la viticoltura. In epoca romana abbiamo
notizia dei vini, degli oli e dei cereali lucani dal poeta Orazio, forse
non completamente obiettivo, in quanto nativo di Venosa, nei suoi giudizi
che sono comunque più che lusinghieri e certamente condivisi dai
consumatori del tempo. Le antiche tradizioni storiche della Basilicata
non escludono che in un recente passato i suoi vini fossero poco conosciuti,
quasi tutti consumati localmente o venduti in Puglia come prodotti da taglio
o, come l’Aglianico del Vulture (fra i migliori) imbottigliato altrove
e ritenuto quindi di diversa provenienza. La situazione è un po'
cambiata anche in seguito al riconoscimento della D.O.C. proprio per l'Aglianico
del Vulture come autenticamente collegata al territorio settentrionale
della regione; permangono tuttavia difficoltà colturali dovute alla
conformazione ardua di certi vigneti, all'inadeguatezza di certe infrastrutture
(fra cui le strade) e al fatto che la succitata D.O.C. rimane l’unica e
riguarda un vino certamente ottimo e specifico che rappresenta però
una parte, neppure preponderante, anzi piuttosto ridotta, della produzione
regionale: meno dell’1% di quella nazionale. Merita
un accenno la derivazione del nome attuale di Basilicata che pare risalire
all'epoca bizantina e che, salvo l'alternanza di brevi periodi, ha rimpiazzato
il più antico nome Lucania, legato a quello di un antico popolo
italico di ceppo sannitico, stanziatosi nella sezione occidentale della
regione verso la fine del secolo V a.C. Denominazione che si ritrova oggi
nell'aggettivazione "lucano", usata in tutte le accezioni per
dire "della Basilicata". Il vitigno principale della
regione e l'Aglianico, che può assumere nomi locali come Ellenico
o Gesualdo, coltivato qui da tempo immemorabile non può considerarsi
originario, ne' esclusivamente lucano, data la sua diffusione anche in
Campania. Altri vitigni coltivati ma non autoctoni sono: l'Aglianicone,
il Malvasia Scuro, l'Asprinio (bianco) e molti altri consigliati e approvati,
tutti di provenienza forestiera, come per esempio i rossi Aleatico, Montepulciano,
Sangiovese e i bianchi Bombino, Chardonnay, Fiano, Moscato, Trebbiano.
La zona del monte Vulture e la parte della regione maggiormente vitivinicola,
disposta a nord intorno al gruppo montuoso di origine vulcanica che sconfina
in Campania. Nè si possono distinguere due aree: quella sul lato
orientale del vulcano, con suoli di fondazione lavica, e quella dell'altipiano
intorno a Venosa verso il confine con la Puglia, con suoli ricchi di argilla,
calcio e azoto. In queste zone del Vulture dove i vigneti raggiungono altitudini
fino a 600 m, il clima è rigido e le vendemmie di conseguenza tardive.
I vitigni vengono fatti crescere verticalmente e, specialmente sui pendii
ripidi, i tralci sono sostenuti da paletti e i grappoli tenuti piuttosto
vicini al suolo, per godere del caldo riflesso: ciò spiega la peculiarità
dei vini di quest'area e in particolare dell'Aglianico del Vulture. Non
siamo ovviamente in grado di fare previsioni o anticipare sviluppi, registriamo
però, una tendenza dei coltivatori ad abbandonare le posizioni più
scoscese dove le opere contadine sono più disagevoli, specie se
messe in relazione con la rudezza del clima, le vendemmie tardive e il
grande frazionamento delle unità colturali. Gli appezzamenti abbandonati,
dove il sacrificio era troppo sproporzionato al rendimento, sono stati
in parte rimpiazzati da una maggiore estensione viticola su pendii più
dolci e terreni più fertili, soprattutto nella plaga attorno a Venosa.
Certo le uve che si ottengono da suoli e da posizioni diverse non sono
più le stesse e qualcuno ritiene che il vino Aglianico ne abbia
subìto un conseguente cambiamento di caratteristiche. D'altronde
tecniche agronomiche ed enologiche migliori di un tempo, messe in rapporto
anche con il gusto mutato dei consumatori, possono in parte aver compensato
il minor pregio di certe partite d'uva. Nella zona del monte Vulture si
producono anche vini da Malvasia o da Moscato, solitamente dolci e spumanti.
Un po' più a sud, dalle parti di Ruoti, al confine con la Campania,
si produce da uve Asprinio un vino bianco frizzante da considerarsi raro.
Le pianure verso lo Ionio a sud di Matera e attorno a Metaponto in parte
bonificate, rappresentano l'altra zona viticola regionale. Qui i vigneti,
coltivati ad "alberelli'' e a "tendoni" secondo l’uso pugliese,
sono disposti lungo le valli dei fiumi Bradano, Basento, Agri e Sinni,
il clima caldo, più moderato nelle zone collinari, favorisce una
buona produttività dei vitigni a bacca nera Aglianico e Montepulciano,
i quali danno vini piacevoli ma ordinari. Vi si coltivano anche vitigni
a bacca bianca, soprattutto Malvasia e Trebbiano.