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ITALY ITALIA |
I nostri produttori |
Nel
1930 Pietro Bologna fondò a Marsala la Bologna Dolciaria Artigianale.
I figli Maurizio e Anna Maria, che oggi conducono l’azienda, continuano
a produrre artigianalmente la pasta di mandorla con cui realizzano i preziosi
dolcetti di Marzapane siciliano detti anche di "Pasta
reale" per essere stati presenti sulla tavola dei Re.
In Sicilia già nell’XI secolo la mandorla dolce tritata e raffinata
al mortaio veniva mescolata con lo zucchero di canna e poi leggermente cotta
in egual parte di zucchero aromatizzato con l’aggiunta di pochissima acqua
d’arance alla cannella. I dolcetti ottenuti erano colorati e lucenti grazie
all’utilizzo della gomma arabica e dei colori vegetali, tra i quali il
rosso veniva estratto dalle rose, il giallo dagli stami dello zafferano
e il verde dal pistacchio.
Oggi
come ieri questi dolcetti (detti anche "frutta alla Martorana")
hanno forme che richiamano i frutti tipici
della Sicilia (fichi d’india, arance, limoni),
i frutti "del mare" (cozze, vongole, tartufi, pesciolini),
gli ortaggi e qualsivoglia pietanza scaturisca dalla fantasia e dalle capacità
artistiche del pasticcere.
I "frutti", pazientemente dipinti a mano con colori vegetali commestibili
e realizzati in maniera artigianale nel rispetto della tradizione, hanno
dimensioni che variano dalle prelibate "mignonettes" da un boccone o poco
più, ai più consistenti "fruttoni" di dimensioni quasi reali per gli appassionati
del marzapane siciliano.
Dalla pasta di mandorla diluita con acqua si ottiene infine l’impareggiabile
"latte di mandorla", deliziosa bevanda dissetante
e rinfrescante tanto cara a tutti i siciliani ed agli estimatori delle mandorle
in generale.
LE NOSTRE CONFEZIONI
I frutti di marzapane vengono normalmente confezionati in piccole
cassettine di legno oppure venduti sfusi in cartoni da 2,5 kg. È possibile anche realizzare cestini o confezioni studiate su misura. La pasta di mandola viene infine venduta come tale per produrre il "latte di mandorla". Frutta di marzapane in cassettine di legno da gr. 150 (in cartoni da 12 pz.) Frutta di marzapane in cassettine di legno da gr. 300 (in cartoni da 12 pz.) Frutta di marzapane in cassettine di legno da gr. 500 (in cartoni da 12 pz.) Frutta di marzapane piccola sfusa (in cartoni da 2.5 Kg) Frutta di marzapane grande sfusa (in cartoni da 2.5 Kg) |
con
gusto e...
..fantasia |
Piccola storia della
"FRUTTA ALLA MARTORANA"
di Marzapane siciliano o "Pasta reale"
di Pino Correnti
E'
questa la prima volta che in Sicilia, in forma agonistica, si presenta
una piccola, ma completa, storia della "frutta alla Martorana". Sono lieto
che questo avvenga per il 1° Concorso per Pasticcieri "Gasparino Licata" di
Marsala . Quando lo zucchero di canna, portato in Sicilia
dagli Arabi durante la loro dominazione dal IX all'XI secolo d.C., passò nei
conventi normanni dove si continuava la tradizione araba di mescolarlo alla
mandorla dolce, tritata e raffinata al mortaio, e poi leggermente cotta in
egual parte di zucchero
aromatizzato con l'aggiunta di pochissima acqua d'arance alla cannella, nacque
il marzapane siciliano.
"Marzapane" deriva dalla parola araba "Manthàban" e dapprima stava
ad indicare il contenitore dove si riponeva il dolce, poi lo stesso nome passò
alla moneta valida ad acquistare la pezzatura corrente della preparazione
ed, infine, venne esteso anche alla misura di
capacità utilizzata per calcolare l'esatta proporzione dì zucchero e mandorle
per la confezione dell'ormai popolarissimo marzapane che, per essere presente
anche nella tavola del Re, cominciò a chiamarsi "Pasta
Reale".
Vedremo,
adesso, come su questa costumanza di forgiare in Sicilia frutta, pesciolini
e qualsivoglia pietanza sotto l'aspetto di marzapane-pasta reale, venne innestato
anche il nome di "Martorana". Andò così: nel 1143 l'ammiraglio Giorgio di
Antiochia, fedelissimo di Ruggero II che fu il primo re normanno, aveva fatto
erigere una chiesa che venne affidata alle monache greche nel cui attiguo
convento custodivano una preziosa biblioteca e confezionavano per la festa
di "Tutti i Santi" gli amati dolcetti, già colorati e lucenti per la gomma
arabica dragante diluita, anche a mò di fissatore dei colori vegetali commestibili,
in cui il rosso veniva estratto dalle rose, il giallo
dagli stani di zafferano e il verde dal pistacchio. Sempre In epoca
normanna, nell'anno 1193, Eloisa Martorana edificò il Monastero che da lei
prese il nome e conglobò la chiesa ed il convento delle monache greche e innalzò
le cupole rosse di derivazione araba, che del resto ornavano anche la Chiesa
di San Giovanni degli Eremiti, fatta costruire da Ruggero II. Naturalmente
tutto il complesso, per estensione, venne chiamato " della Martorana". Nel
1435 Re Alfonso d'Aragona donò alle suore Benedettine il complesso che continuò
a chiamarsi "Monastero della Martorana", anche perché, nessuno più ricordando
Eleonora Martorana, il cui nome era passato ai bellissimi dolci siciliani
di pasta reale, ormai chiamati dovunque "di Martorana", per il secolare e
sapiente lavoro delle monache di quel monastero.
Intanto i dolci, prima nati solamente per la festa del 1° novembre erano
diventati punto di forza della successiva commemorazione dei Defunti del 2
Novembre. Ed infatti questi bellissimi dolci, la notte dei Morti, venivano
posti in leggiadri panierini infiocchettati di fili di seta rossi e dorati,
i colori della Sicilia, per premiare i bambini buoni, mentre per quelli più
cattivelli, a mò di punizione, c'era solo carbone. Però, col tempo, qualche
pasticciere di buon cuore, sempre con la pasta
reale ed il nero di seppie dolcificato, seppe confezionare pezzi di
carbone, che sembravano veri, ma che con la loro dolcezza venivano a mitigare
i bambini più turbolenti che, da quel momento, si sentirono meno castigati.
Ormai la tecnica della Martorana si era diffusa in tutta la Sicilia e, poiché
di pari passo si era sviluppato in tempo di Pasqua l'uso delle sostanze "cassate",
anch'esse di derivazione araba, la Martorana (pasta
reale soprattutto nei colori bianco niveo e verde pistacchio tenue)
era confezionata in dosi massime per sopperire alle incessanti richieste di
questa raffinatissima pasta, per confezionare, anche a settori alternati nei
due colori, tutto il giro esterno della cassata, per nascondere adeguatamente
il pan di Spagna e la crema di ricotta che la farcivano.
Tornando
alla "Frutta di Martorana" (o alla Martorana), ormai questa, anche nelle
altre fogge che avanti diremo, veniva confezionata in ogni periodo dell'anno,
giacché del dolce prodotto si impadronì la potente corporazione dei "Confettari".
Non per questo le monache della Martorana o di altri Monasteri ne avevano
sospeso la pratica. Anzi, cinque secoli dopo la cacciata degli Arabi, era
tanta l'abitudine di confezionare in conventi femminili i suddetti dolci,
che nel 1575 il Sinodo diocesano di Mazara del Vallo fu costretto a proibire
la fabbricazione di pasta reale alla Martorana e di cassate, con espresso
divieto, per non distrarre le monache dalle pratiche religiose durante la
Settimana Santa! Ma sono certo che mai più solenne divieto sia stato più disatteso
di questo, Infatti le pie monachelle, che vedevano nell'opera
del "Confettari" una terribile e crescente concorrenza, non se ne diedero
pensiero e, bellamente, anche per non perdere
I clienti, continuarono a dipingere frutti di Martorana e a confezionare
cassate, cassatelle e, perfino, "minni di Virgini" nella quiete dei loro secolari
conventi anche di clausura. Giacché la segreta porticina
della "Ruota", al tocco della campanella, prima portava nel disco ruotante
la moneta e poi il "devoto" ritirava, al secondo giro, i prelibati dolci.
Intanto per natale erano apparsi "i picureddi" di Martorana ed il 27 gennaio,
ad Acireale, altro epicentro della Martorana nella Sicilia Orientale, per
la Festa di S.Antonio venivano messi in vendita cavalluccì e "scecchi" (asinelli)
di pasta reale, tanto più che si era già in tempo di Carnevale: "Sant’Antoni,
masciri e soni". Ma questa non era altro che la risposta orientale ai maialini
rosati di marzapane che Palermo realizzata il 20 gennaio per la Festa di San
Sebastiano, giacchè: "Ppì San Bastianu, maschiri ‘n chianu!". Curioso che
poi il vezzo del maialino rosato dì marzapane si sia anche esteso in Francia,
in Svizzera e, soprattutto, nella Germania del Sud: a Monaco di Baviera. -
Pino Correnti