I
PANI ARRICCHITI DEI GRECI E DEI ROMANI
Il punto è che certamente ci furono pani in
forme rituali, migliaia di anni fa, come offerte alle varie divinità
e in varie circostanze; e ci furono pani variamente conditi con aggiunte
più o meno piacevoli e saporite per ricorrenze d'ogni sorta che
si ricollegavano comunque
alle concezioni religiose. Questo continuò, attraverso i millenni
e i secoli della nostra era; ne troviamo ancora molti in uso in varie regioni
d'Italia e in altre parti del mondo, anche se si sono persi per via i significati
votivi originari. E tra questi pani certamente al alcuni erano già
pizze o focacce; cioè pani conditi e insaporiti in vari modi. Tra
questi pani ce n'erano anche di quelli arricchiti con olive, ciccioli di
maiale, antenati delle focacce e delle torte rustiche di oggi; ce n'erano
anche di quelli arricchiti con miele, uvetta, pinoli, canditi, che sono
diventati i vari panettone, pangiallo, pandolce, e via dicendo, delle diverse
tradizioni. I greci e i romani conobbero qualcosa di simile, e abbiamo,
grazie al poeta Virgilio - il quale, vedi caso, era mantovano di nascita
ma amò profondamente Napoli dove volle essere sepolto - la ricetta,
sia pure sommaria, del moretum, che non era altro che una schiacciata di
pasta non lievitata, cotta al forno, che si mangiava accompagnata da cipolla
cruda, bagnata d'olio e aceto. Probabilmente, il moretum si mangiava anche
con aglio, oltre che con cipolla. E se si fa un passo avanti, adoperando
pasta di pane lievitata, ecco che siamo già a una prima, rudimentale
pizza. Come che sia, qualche riferimento anche di carattere linguistico
su quelle prime e primitive schiacciate che accompagnarono la vita italiana
dall'età romana a quella medioevale e oltre, lo troviamo proprio
al passaggio emozionante dell'anno Mille, quando in tanti aspettarono la
fine del Mondo. In quel periodo a Napoli si parla ancora di lagano, per
indicare schiacciate di pasta, e questo nome viene dal latino laganum,
dal greco laganon. Si tratta di schiacciate di pasta non lievitata che
venivano arrostite e poi tagliate a strisce, queste strisce venivano poi
gettate in pentole dove cuocevano legumi o altro: erano insomma una sorta
di primitive tagliatelle (ancora nell'antico regno delle due Sicilie si
dice laganella per tagliatella, laganaturo per matterello). E di una zuppa
di ceci porri e lagano, cioè tagliatelle, parlava già, con
ghiottoneria, il poeta romano Orazio, di origine venusina, cioè
del profondo sud d'Italia; il piatto resta ancora nell'uso salentino solo
che le strisce di pasta oggi per comodità e per raffinatezza non
si arrostiscono più, si friggono. Tornando a Napoli, verso il Mille
si parla ancora di lagano, ma compare anche il termine picea, non sappiamo
se in alternativa o per indicare una preparazione diversa, nel senso di
avere già il disco di pasta coperto da ingredienti colorati e saporosi
prima di mandarlo in forno; e compare subito dopo il termine piza:
non dimenticando però che il termine pizza indica anche oggi nel
sud d'Italia non solo la classica pizza, la schiacciata
condita e mandata in forno, ma anche dischi di pasta ripieni e fritti,
focacce ripiene, o preparazioni analoghe. In questo alternarsi di termini
che vengono usati in testi non di cucina, e quindi in modo generico, poco
utile a noi per immaginare distinzioni precise di confezione e di cottura,
possiamo in realtà ricavare solo la conferma di quanto dicevo sopra:
che c'è stata senza dubbio una diversificazione di pani, i quali
sono diventati appunto pizze e focacce, ma non si può pretendere
di essere più precisi di così. Anche nei secoli successivi,
le cose non cambiano molto. Per esempio, nel Seicento, in un'operetta deliziosa
napoletana, il Cunto de li cunti, cioè il racconto dei racconti,
serie di storie legate l'una all'altra a catena, ce n'è una intitolata
Le due pizzelle, ma non si capisce esattamente che cosa siano, salvo il
fatto che almeno una è fatta con un disco di pasta ripiegato su
un ripieno. Bisogna, ancora, arrivare al Settecento per veder comparire
la pizza delle pizze, quella che poi ha fatto il giro del mondo: la pizza
col pomodoro, in diverse versioni, ma sempre con questa sua rosseggiante
immagine. La ragione di un così tardivo accoppiamento è la
stessa che presiede alla nascita degli spaghetti al pomodoro, che conquistarono
Napoli (dove fino allora, contrariamente a quanto molti credono, il piatto
più comune era una zuppa di cavolo e ritagli di carne); e poi partirono
alla conquista del mondo. La ragione è che il pomodoro in Europa
non esisteva fino a quando non venne introdotto dall'America; e questo
non avvenne in un giorno. Passò un secolo e mezzo prima che gli
europei scoprissero le virtù del pomodoro in cucina e i napoletani
in particolare ne facessero una loro bandiera culinaria. Vedete, è
solo in tempi recentissimi rispetto alle migliaia di anni che abbiamo varcato
prima, che nascono la pizza al pomodoro e gli spaghetti al pomodoro. E
questa pizza in particolare, per il nostro discorso, fu quella che conquistò
tanta popolarità ovunque, in un certo senso ci ha portati a distinguere
tutte le pizze di ogni parte del mondo come una ghiottoneria a sé
stante. A1 punto che oggi in America, come in Europa, ma anche in altri
continenti, le pizzerie sono locali frequenti e frequentati.