Catone il Censore, Il sec. a.C., tramanda di una ghiotta conservazione
delle cosce di suino, che si ottiene con la salatura e successiva asciugatura;
unte poi con un po' di olio, sopportano la stagionatura senza avariarsi.
Dalla descrizione si, nota la somiglianza tra la lavorazione del prosciutto
e questo suo "antenato". Le bontà non si perdono nel lungo
cammino della storia.
Anche Marco Terenzio Varrone (1 sec. a.C.) nel "De re rustica"
presenta i Galli come i principali esperti nella lavorazione delle carni
suine, e afferma che a Roma si importavano quarti di maiale e prosciutti
di produzione della Gallia cispadana. Questa voce è confermata dagli
storici Polibio e Strabone.
John B. Dancer scrive che dopo la vittoriosa battaglia sul Trebbia
(217 a.C.), Annibale entrò in Parma accolto festosamente come un
liberatore. Allestire un banchetto in inverno, dopo le requisizioni di
guerra fatte dai Romani, pareva impossibile, ma si tramanda che dagli abitanti
delle campagne furono tirati fuori da nascondigli segreti dei barili contenenti
cosce salate di maiale e che il grande Annibale apprezzò molto questo
saporito alimento.
GALLI
A giudicare dai bassorilievi delle porte d'ingresso della Cattedrale
di Reims, si capisce che i Galli conoscevano bene l'arte di conservare
e insaccare le carni suine: vi sono raffigurati "norcini" al
lavoro, ed insaccati esposti tra i quali spiccano in bella mostra dei prosciutti,
insieme ad un venditore che li offre ai clienti.
LONGOBARDI
I Longobardi consumavano grande quantità di carni di maiale
selvatico. Raramente però veniva impiegata fresca, perché
già a quel tempo in gran parte era salata e trasformata in lardo,
prosciutti e insaccati ecc.. Il sale era il conservante naturale più
usato nell'antichità; veniva importato a caro prezzo dalle coste
marine. I Longobardi della padana erano facilitati in questo poiché
potevano ricavarlo in loco da sorgenti saline, come quelle di Salsomaggiore,
vicino a Parma.
CORSARI
Dei temibili corsari genovesi del periodo a cavallo tra Settecento
e Ottocento, sono conservati negli archivi di Stato di Genova, curiosi
documenti sulle fasi di preparazione alla "crociera di guerra",
circa sei mesi per mare alla ricerca di eventuali "prede". Spessissimo
tra i viveri stivati a bordo è ricordato il prosciutto, che per
le sue caratteristiche si presta all'uso dilazionato. La provenienza padano-veneta
del prosciutto, come di molti altri generi citati dai registri di bordo,
era garantita dalla antica tradizione di acquisti e importazioni di tipo
culinario da tale zona verso la Liguria.
PARIGI
Non sappiamo quando esattamente si sia sparsa in Italia e nel mondo
la fama del prosciutto parmigiano: certo erano già famosi a Parigi
nei primi dell'Ottocento, ambitissimi dai gourmet parigini specie quelli
importati dal langhirlanese Loderliìgo Bonanni. La bontà
non ha mai avuto confini.
MUSICISTI
Rossini, famoso per le sue musiche immortali, ma anche per i suoi raffinati
gusti gastronomici, lo utilizzava spesso nelle sue prelibate ricette.
Verdi lo avrà sicuramente assaggiato nelle riunioni salottiere
della contessa Maffei, sua grande amica, come si racconta di serate e menù
nelle lettere di altri illustri ospiti.
Paganini deve al prosciutto una sua rapida ripresa da un grave deperimento
fisico quando, già sofferente del male che lo porterà alla
morte, per otto giorni rimase immobile a vegliare sul figlioletto Achille,
vittima di una grave frattura ad una gamba.
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Burson-Marsteller Stella Baldelli
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