Dicono a Parma: "Il
maiale è come la musica di Giuseppe Verdi. Tutto è
buono, tutto utilizzabile.
Non se ne scarta neppure una briciola".
Se ne intendono, a Parma. Di musica e di salumi. Ma è tutta
l'Italia ad avere la propria storia, e non solo la storia alimentare, fittamente
infarcita di salami e prosciutti, mortadelle e culatelli.
Scriveva Ippocrate, il padre della medicina,
quattro secoli e mezzo prima di Cristo "che la carne di maiale è
tra le carni quella che fornisce al corpo umano più forza ed è
ottimamente digeribile".
Così anche per quanto riguarda le caratteristiche gastronomiche
nessuno mai aveva dimenticato quanto Plinio il Vecchio, autore della più
grande enciclopedia scritta di epoca romana, aveva a suo tempo affermato:
"Da nessun altro animale si trae maggiore materia per il gusto del
palato: le carni del maiale offrono quasi cinquanta differenti sapori,
mentre ogni altro animale ha un sapore unico".
Si riscoprono così antiche ricette, se ne inventano di nuove.
C'è, tra le antiche, quella per la lucanica, di epoca romana, attribuita
ad Apicio: "Trita pepe, comino, peperella, ruta, prezzemolo, spezie
dolci, bacche di lauro. Mescola con polpa suina sminuzzata. Pesta il tutto
con salsa di Apicio, sale, molto lardo e semi di finocchio. Insacca in
budello lungo e appendi ad affumicare".
Prima dell'anno 100 d.C., è Marco Valerio Marziale a stuzzicare
la golosità dei buongustai. Così Eccoti la lucanica di autentico
porco picen, ghirlanda succulenta a un piatto di polenta.
E ad ogni riga ci sono già, per una curiosa coincidenza, tre
differenti pezzi di quell'Italia che ancora deve aspettare diciannove secoli
per nascere: la lucanica, il porco picen, la polenta.
Ai primi del Cinquecento Anton Francesco Grazzini, detto il Lasca, decanta:
O porco mio gentil, porco dabbene,
fra tutti gli animal superlativo,
soggetto caro a desinari e cene.
Tu contenti saziando ogni uom vivo
colle tue membra valorose e belle,
tu non ha' in te niente di cattivo.
Dal capo a' piedi, il sangue, insin la pelle
ci doni in cibo, in quanti modi sanno
teglie, stidioni, pentole e padelle.
Passano, i secoli. Tutto cambia nel mondo. Ma ecco ancora rinnovarsi identiche
celebrazioni gastronomiche. È Gabriele D'Annunzio, questa volta,
a dichiararsi "cupidissimo amatore" del culatello...